lunedì 17 marzo 2014

Come ti uccido una cicciona

Quando la cicciofobia si somma ad un disordine alimentare il mix è esplosivo. A rischio, dice la ricerca, una donna su cinque

Sì, è vero, la cicciofobia colpisce anche gli uomini, così come i disordini alimentari. Ma la vera emergenza, dicono gli esperti della convention annuale statunitense sui disturbi dell'alimentazione, riguarda le donne. E la situazione peggiora: si considera oggi che una donna su cinque soffra di questo genere di problema.

Come sottolinea Erin McKelle in un editoriale molto citato in questi giorni, ci sono due cose che sono molto pericolose per le donne dalle ponderalità rilevanti. La prima è la cicciofobia in tutte le sue declinazioni, di cui parliamo spesso su queste pagine, l'altra è il disordine alimentare. Quando queste due cose vengono vissute contestualmente, i problemi per il benessere e gli ostacoli al recupero si moltiplicano. In realtà si corre il rischio, col tempo, di lasciarci la pelle.

Se a questo si somma la cosiddetta emergenza dietismo, considerata sempre più spesso fonte di disordini alimentari, il quadro del pericolo diventa chiaro. Scrivono gli esperti di HOPE: "depurativi in succo, pillole dietologiche, supplementi per l'accelerazione metabolica, liste di cibi buoni e cibi cattivi... Saltare sul carro di una dieta che va di moda è spesso la via più breve a sviluppare abitudini alimentari tossiche e disordini alimentari. Quello che inizia spesso con un tentativo apparentemente innocente di perdere qualche chilo o di guadagnarci un po' in salute può facilmente diventare un disordine a tutto tondo, come anoressia, bulimia o alimentazione compulsiva".

Siamo ad un crocevia dove convergono difficoltà di tipo diverse e caratteristiche identitarie diverse e da dove si dipartono strade tutte in salita. Il nemico numero uno, continua McKelle, sono i media, veri propagatori dell'ossessione per la magrezza ma, come sottolineano esperti come Brian Cuban, il drammatico comportamento asociale dei media non basta a spiegare la cicciofobia. Ma è proprio questa, declinata contro le donne in effetti discriminatori, paternalistici o bullisti tout-court, la polvere da sparo che carica le armi con cui la società prima assedia milioni di donne e poi assolda i cecchini per farle fuori.

La vera novità della ricerca, come evidenzia McKelle, è che tutti questi effetti sono collegati tra di loro: l'esposizione all'ossessione per la magrezza, che colpisce le donne in carne più delle altre, l'ostracizzazione dei grassi, i messaggi mediatici... Non solo tutti gli elementi dell'ossessione sociale lavorano insieme per danneggiare la donna, sono ognuno causa ed effetto dell'altro, una complessità fatta di odio, identità danneggiate, media fallaci e dietismi sballati.

Come uscirne?
Non esiste una via comoda, facile e sicura per sottrarsi al martellamento e all'assedio. Ma, come suggerisce McKelle, si possono attuare alcune strategie di buon senso per "alleviare" il problema ed evitare spirali distruttive e autodistruttive.
In una battaglia di campo l'assedio può provocare l'esaurimento delle risorse dell'assediato. Nel nostro caso, scrive McKelle, si può però tentare di svicolare da chi con il solito paternalismo ritiene di dover sempre indicare alla ciccia di turno cosa deve fare della propria vita. E se non si può svicolare, perché chi lo fa è una persona di famiglia o qualcuno a cui si tiene, si può comunuque decidere di parlare, spiegarsi, far capire che parlare in termini colpevolizzanti o ridondanti di luoghi comuni non solo fa male al rapporto che si ha con quella persona, ma ottiene l'effetto contrario a quello sperato.

Per quanto riguarda i media, invece, l'unica è armarsi di senso critico, di consapevolezza: oggi è difficile, impossibile probabilmente, pensare di vivere al di fuori dell'assedio mediatico. La comunicazione imperniata sulla magrezza come unico parametro del successo è ossessiva. L'unico modo per non subirla, per non interorizzare una colpa o il senso di essere "sbagliati", è destrutturarla, capire quali sono le origini culturali di un'ossessione del genere, verificare quanto quella non abbia nulla a che fare con la questione salute ma esclusivamente con la vanità o con il business che si incardina su tale ossessione.










2 commenti:

  1. cinema e telefilm raccontano il reale, non causano ossessione per la magrezza (certo essere normopeso p meglio che essere scheletrici o obesi gravi sia esteticamente sia per la salute)

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  2. Grazie Paolo, ma io finché non vedo uno spot Vichy con una donna puffosa che promuove una ctems di bellezza continuerò a chiedermi cosa stiamo facendo alle adolescenti (e non solo a loro)

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