sabato 22 febbraio 2014

Esistere non è una malattia cronica

Un altro fattore di rischio viene spacciato come patologia, proprio come accade con l'obesità. E' la solitudine. Quando esistere diventa una malattia cronica



Mettiamo subito le mani avanti. L'infarto è la causa di morte più diffusa nel mondo occidentale, seguito dai tumori. Patologie terrificanti che non sempre si riesce a prevenire. Ora è emerso, e tutta la stampa italiana ne ha dato grande rilievo, che gli over50 che vivono da soli tendono a morire molto più di chi solo non è. E basta questo perché i nostri media trasformino uno stato dell'esistenza in una malattia. Vi ricorda qualcosa? Sì. E' già accaduto con l'obesità.

Nei giorni scorsi uno studio dell'Università di Chicago ha informato di un fattore di rischio elevato per la mortalità in chi soffre di una solitudine estrema. Un fattore di rischio, è stato spiegato dai ricercatori, che aumenta del 14 per cento le possibilità che una persona over50 muoia prematuramente rispetto a chi, invece, solo non si sente.

Sono due le evidenze di interesse per noi. La prima è che sulla stampa il fattore di rischio della solutidine, peraltro già noto ma non così attentamente misurato, è diventata una sorta di "nuova patologia" cronica. La seconda è che John Cacioppo, docente e ricercatore dell'Università di Chicago, ha dichiarato che questo fattore di rischio uccide quasi quanto il fattore povertà ed ha un impatto - attenzione, che qui è il nodo - "due volte superiore dell'obesità nella morte prematura". Non voglio insistere su questo, ma è curioso come si utilizzi l'obesità quale metro di misurazione del rischio-morte, come se potesse essere considerato un punto di riferimento univoco. La stampa italiota naturalmente ci è andata a nozze e la notizia è diventata che la solitudine uccide due volte più dell'obesità.

L'obesità, come noto, in sé non uccide nessuno. L'eccessiva massa ponderale è un fattore di rischio ampiamente conosciuto per malattie cardiovascolari, tumorali e molto altro. Ma l'obesità non è una patologia in quanto è uno stato, un fattore esistenziale, un dato identitario. Con la nota diffusa dall'Università e ripresa con la solita assenza di una qualsiasi lettura critica dai media italiani (scopiazzando in realtà l'articolo del Guardian e non la nota originale dell'ateneo), lo stesso trattamento lo sta subendo la Solitudine.

Con l'avanzare dell'età, dicono i ricercatori, aumenta la velocità di un decadimento fisico e mentale che per chi è solo tende a essere molto più accelerato. Chi non lo è invece sviluppa una specifica resistenza che impatta positivamente su ogni aspetto dell'esistenza. La solitudine, è stato detto, tende a disturbare il sonno, aumentare la pressione arteriosa e lo stress, alterare il sistema immunitario e sviluppare depressione.

L'ovvia raccomandazione dei ricercatori è di non perdere mai di vista la propria vita sociale e familiare. Di rimanere in contatto con amici e parenti o ex colleghi e possibilmente aumentare le proprie relazioni quotidiane. Se suona familiare, come raccomandazione, è perché ricorda quelle che vengono fatte agli obesi: dimagrire, cambiare modo di alimentarsi, fare movimento e via dicendo.

Qui non si vogliono sottovalutare i fattori di rischio. Ma occorre tracciare una linea: se un adulto over50 vive da solo, o è solo, è sicuramente una buona cosa che conosca, come dire, l'intero quadro del rischio. Ma se e come "uscirne" è affare suo, suo ed esclusivo. Perché la solitudine è una condizione di vita, con origini spesso remote e complesse, sicuramente tutte molto personali ed intime. Allo stesso modo l'obesità. E' bene conoscerne i rischi, ma nessuno ha titolo per dire ad un obeso come vivere la propria condizione, se e come cambiarla, né tantomeno imporre a lui o a lei un diverso modo di esistere. Quella è violenza, è bullismo, ed è un prodotto dei sottointesi di notizie come quella di oggi e di un linguaggio a dir poco ignorante adottato dai "comunicatori". Essere, esistere, non significa essere malati. Punto.


C'è solo da sperare che gli over50 che sono soli non inizino a subire lo stesso trattamento riservato agli obesi. Essere ciccioni non è una colpa, ma non lo è neanche essere soli. Impariamo a distinguere fattore di rischio e patologie, e impariamo a non giudicare, il mondo sarà subito più grande e più bello. Fuori c'è il sole, perché sperare nella pioggia?

(fonte foto)

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