giovedì 16 gennaio 2014

Alimentazione compulsiva, si può uscirne?



Al contrario di quello che qualcuno dice in qualche seminario, questo blog non promuove l'orgoglio obeso, come ben sa chi lo legge, ma è certo facile stigmatizzare in questo modo un approccio scomodo come HAES, nuovo alla nutrizione, nemico dell'industria delle diete e pressoché sconosciuto in Italia. Un approccio che non nasconde i problemi, tende anzi a risolverli. Uno di questi è l'alimentazione compulsiva, nota anche come binge eating, questione che si intreccia alla lotta contro la discriminazione di cicce e cicci.

Chi non ha mai provato un bisogno ossessivo, improvviso e fulminante per grandi quantità e varietà di cibo non può avere la minima cognizione del problema. Di converso tra cicci e cicce c'è chi ci è passato, chi ci è ancora dentro, chi lo combatte giorno dopo giorno.

In breve, binge eating è la coazione ad introitare enormi quantità di cibo in breve tempo, una sorta di istinto apparentemente irrefrenabile che sebbene non porti in sé all'obesità è senz'altro un aspetto del carattere di molti ciccioni. Sono veri e propri attacchi di "fame" anche in assenza di appetito, che lasciano sempre con una sensazione di pesantezza e inadeguatezza. Qualcuno lo chiama "auto-indulgenza", ma sono i soliti dietisti da cui vogliamo star lontani. Non si tratta di questo. Ma di un comportamento caratterizzato da:
1. Abbuffate rapide e incontrollate
2. Sensi di colpa profondi contestuali, tuttavia insufficienti a impedire il climax ossessivo
3. Istinti depressori ex post, dovuti appunto al senso di colpa
Un'altra caratteristica del binge eating è di insinuarsi senza preavviso nella quotidianità di tutte le sue vittime, sia di quelle che stanno seguendo una dieta (orrore) sia di chi tenta di controllare il proprio peso con approcci meno drastici. Scriveva tempo fa la mitica CeCe di New York, l'ormai celebre Plus Size Princess:
Arrivo a casa con l'intenzione di cucinarmi una omelette per cena. Quando entro in cucina prendo una cucchiaiata di burro di arachidi e me la mangio. Poi intravedo i miei biscotti di grano preferiti e ne mangio quattro (o erano sei?). Mentre faccio fuori quelli mi verso un bicchiere di latte di soia. Poi mi giro verso la dispensa per farmi la omelette. Mentre prendo le uova in frigo, noto gli avanzi della cena Thai di ieri. Li mangio mentre cucino la mia omelette. E poi mangio la mia omelette".
Ecco dunque una cronaca minuto per minuto di un attacco ossessivo di fame, una vera e propria aggressione destinata a ripercuotersi malamente su chi percepisce il proprio peso come un grosso problema, qualcosa di cui liberarsi, un po' come CeCe, che continua:
"Non so perché proprio quel giorno io abbia realizzato che stavo mangiando in modo compulsivo, ma la cosa mi ha colpito come un muro di mattoni che ti crolla addosso. Come se avessi una esperienza extracorporea. Mi guardavo mangiare, mangiare pasti multpli tutti in uno. Da quanto tempo mi capitava di farlo? Me lo sono chiesto, capendo che stavo disvelando a me stessa qualcosa che accadeva nella mia routine, qualcosa di così normalizzato che neppure sapevo che stesse accadendo. E' stato tremendo e liberatorio allo stesso tempo. Ho capito di essere una binge eater".
Il problema di CeCe e di chi soffre di questi momenti è che avvengono anche all'interno di un regime alimentare apparentemente "regolamentato": giorno dopo giorno si mangia normalmente, anche senza seguire una dieta, evitando eccessi, ma poi si finisce schiacciati da uno di questi attacchi. Il primo passo per superare questa ossessione è evidentemente accettare che se ne soffre, per metterla ancora con CeCe:
"Sapere che un attacco può vanificare settimane di movimento e cibo sano fa paura, ma conoscere è un'arma potente. Mi aiuta a sentire l'attacco quando sta per arrivare, lo sento e posso tentare di fermarlo, almeno frenarlo".
Un altro problema, quello che poi induce molti a deprimersi come conseguenza di questi episodi, è la credenza che la propria forza di volontà vacilli. Abituati come siamo a sentirci dire che se siamo ciccioni è perché non abbiamo forza di volontà, affermazione fasulla e totalmente destituita di ogni fondamento grazie alla ricerca scientifica, tendiamo a "metabolizzare" questi attacchi come segni di una nostra fragilità, e di trasformarli in qualcosa di più grande di quel che sono.

Chi si rivolgesse ad un professionista della nutrizione potrebbe risolvere i propri problemi o, più probabilmente, vista la scarsezza di approfondimenti seri sul fronte obesità in Italia, si troverebbe con un problema in più. Quello che viene consigliato in questi casi è parlare con un medico e con uno psicologo, che certamente possono fare molto se lavorano sul fronte della salute e non del dimagrimento forzoso e se vedono l'obesità come una caratteristica identitaria e non come una malattia. Se non è così, si finirà con in mano una boccetta di antidepressivi e tante pacche sulle spalle.

Come uscirne quindi?
Il binge eating non si ferma dall'oggi al domani, chi ne soffre dovrebbe partire da questa considerazione. Quello che si può fare, riconoscendo di soffrirne, è di integrare la soluzione ad un approccio del tutto diverso all'alimentazione. La compulsività alimentare può distruggere qualsiasi dieta e chi legge questo blog ha ormai avuto tutte le prove che servono per sapere che le diete sono in sé dannose. L'unica soluzione è quella di "girare la frittata", o l'omelette di CeCe, e aprirsi ad un approccio HAES, ossia rifiutare lo stigma sociale contro gli obesi, imparare ad amare il proprio corpo e accettarlo per quel che è, riconoscere il suo bisogno di muoversi e sapere godere di questo movimento, avvicinarsi al cibo in modo gioioso e non colpevolizzante. Occorre recuperare il senso della propria fisicità, alla ricerca di un equilibrio scevro da sensi di colpa e depressione e ricco di nuovi stimoli e di serenità. A voi che leggete chiedo: avete mai avuto un attacco del genere? Cosa ne pensate? Come lo avete affrontato? Parliamone qui sotto nei commenti.

(fonte foto)

5 commenti:

  1. e' da poco che ho scoperto il tuo blog e ormai non perdo piu' una pubblicazione e per questo ti faccio i complimenti! jo'

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  2. Grazie jo', mi fa davvero piacere saperlo, spero possa esserti utile come lo è per me.

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  3. Quando vivevo con i miei mi capitava spesso di aprire il frigo o la dispensa senza un apparente motivo e mangiare la prima cosa che mi capitava davanti. Merendine? Ok. Salumi? Ok. Formaggio? Avanzi? Non parliamo poi dei dolci avanzati la domenica o di cioccolato e snack vari. A seguire c'era sempre un senso di colpa immenso e la promessa "è l'ultima volta!" puntualmente disattesa. Questa cosa è iniziata, mmm... Direi che è sempre esistita, non ricordo un giorno della mia vita in cui mi sia comportata diversamente, fin da quando ero bambina.
    Da quando sono andata a vivere per conto mio, poco prima di sposarmi, e ho avuto il controllo di ciò che entra in casa, questo fenomeno si è drasticamente ridotto. Compro SOLO quello che mi serve giorno per giorno per cucinare, mi sono imposta un certo tipo di cucina e di alimentazione. Ho imparato a mangiare tante cose che prima non mangiavo, anche grazie alle indicazioni del nutrizionista che segue mio marito (e per riflesso anche me, visto che preparo io da mangiare).
    Ogni tanto ci prendiamo delle libertà, ma una volta ogni tanto è un piacere e non più una sofferenza psicologica e fisica (perché abbuffarsi a me faceva stare male anche fisicamente, un malessere che ora non riesco più a sopportare).
    Adesso peso meno di quanto pesassi a 14 anni e ho più del doppio degli anni. Per la prima volta nella mia vita sono normopeso (anche se proprio al limite) e non mi è sembrato nemmeno così difficile.
    Perché non ci ho pensato prima? Non lo so. So solo che per più di metà della mia vita ho vissuto male, mi sono sentita inadeguata ed ostracizzata, ridicolizzata e trattata con sufficienza. Prima i miei genitori che da un lato mi criticavano o prendevano in giro per la mia forma fisica e dall'altro si mettevano di traverso ogni volta che tentavo di mangiare meglio e di impormi delle regole. Poi la famiglia di mio marito che ogni volta che mi vedeva stilava il bollettino del mio peso. Vivevo in uno stato totale di angoscia e delusione.
    Da quando ho detto basta ad oggi sono passati 5 anni circa e 20 chili (12 persi da sola semplicemente cambiando abitudini, il resto negli ultimi mesi con il nutrizionista). Ho ancora la ciccia sulla pancia, sul sedere e sulle cosce, ma che importa? Potrei dimagrire ancora, ma non voglio, sto bene così anche se non rispecchio l'immagine della tipa magra e tonica. Mi sento ancora intimidita quando sono in mezzo ad altre persone, ma adesso sono io che voglio essere così come sono e non mi interessa più degli sguardi schifati delle altre persone.
    Ah, chiudo il commento con due frasi pronunciate da due persone a me molto vicine.
    "devi dimagrire ancora, così quando resti incinta non sembra e non diventi grossa"
    "non restare incinta, ti prego, resta così come sei che ora stai proprio bene"
    Quando si dice le priorità. ;) Per me sono loro i malati, non io.
    C.

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    1. Ciao e grazie per la tua testimonianza, mi ci ritrovo molto perché anche a me mettere sotto controllo la presenza di cibo in casa mi ha aiutato molto, anche se ancora non basta a placare istinti suicidi ;) Penso che ognuno di noi debba trovare il suo percorso e il tuo è denso di spunti utili per tutti, quindi grazie ancora.
      Sulla nota finale che posso dire, questo è il mondo in cui vivamo, anche i migliori spesso scivolano su quello stesso con-formismo. Sono d'accordissimo con te.

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    2. Figurati! ^^

      Purtroppo gli istinti "suicidi" non passano mai. A me capita di ricaderci quando la mia soglia di attenzione si abbassa, magari perché sono presa da altre cose o sono sopraffatta dalla mia emotività o dalla ansia maledetta. A volte riesco a fermarmi prima, altre no, ma di sicuro ho smesso di colpevolizzarmi. Se sbaglio un giorno non è detto che debba sbagliare anche quello successivo e che non possa recuperare. Almeno in questo ambito riesco a gestire le mie reazioni, in altri non ancora.
      C.

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