sabato 30 novembre 2013

Taglia lo stomaco, azzanna il diabete

Perché limitare gli interventi di chirurgia bariatrica, i bypass, le resezioni, i palloncini ai soli casi di obesità estrema in una chiave salvavita? Perché invece non estendere il business anche ai diabetici che vivono una modesta forma di obesità? Come già avvertito più volte su queste pagine, la chirurgia bariatrica è una tale fonte di denaro che si sta tentando in ogni modo e a tutte le latitudini di moltiplicare il più possibile gli interventi. A confermarlo è uno studio apparso in queste settimane su JAMA, il giornale scientifico dell'associazione dei medici statunitensi. Uno studio che sostanzialmente invita i diabetici a sottoporsi ad interventi gastromodificatori.

La "buona causa" la spiega Doctor33 riportando i dati dello studio: "Nei diabetici con obesità lieve e moderata, l'aggiunta della chirurgia bariatrica con bypass gastrico alle modifiche nello stile di vita e alla gestione medica è associata a una maggiore probabilità di migliorare il profilo di rischio, per esempio riducendo la glicemia, il colesterolo Ldl e la pressione sistolica". In sostanza, un intervento che fino ad oggi era confinato nell'area dell'obesità grave diventa consigliabile anche in presenza di una obesità lieve.

Lo studio condotto dall'Università di Minneapolis indica che un campione di pazienti diabetici che ha fatto uso di farmaci per tenere sotto controllo la propria patologia ha ottenuto risultati meno efficaci di un altro gruppo che, in aggiunta a quei farmaci, aveva subito un intervento di bypass gastrico. "In media - dicono i ricercatori - il secondo gruppo ha usato meno farmaci per controllare glicemia, dislipidemia e ipertensione, e ha anche presentato risultati significativamente migliori per gli outcome secondari di glicemia, colesterolo Hdl, trigliceridi e pressione diastolica".

Tutti di corsa sotto i ferri dunque? Non proprio. La chirurgia bariatrica è nata per scongiurare che in pazienti con obesità estrema si verificassero incidenti gravi o fatali e solo per quei casi in cui ogni altro approccio è fallito. I ricercatori di Minneapolis non lo hanno dimenticato del tutto e ricordano che "i benefici della chirurgia bariatrica devono essere confrontati con i rischi di eventi avversi gravi". Occhio, quindi, ad utilizzare il bisturi per "ridurre il profilo di rischio". Anche perché gli stessi scienziati avvetono: "i recenti trial su larga scala in tema di gestione medica intensiva di obesità e diabete sono stati deludenti. Occorrono risorse importanti per causare una perdita di peso e un controllo del diabete modesti. L'approccio ottimale rimane sconosciuto".

(Cos'è il Bypass Gastrico?)
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venerdì 29 novembre 2013

Bimbi e obesità, le radici dell'odio



Girarci intorno senza affrontare il problema è lo sport nazionale. Ma la verità con cui gli adulti dovrebbero fare i conti è che se un bambino sviluppa un'avversione per la natura di un altro bambino non è mai un caso. La sua antipatia, il suo odio, lo ha appreso dai media, dalla tv, dalla pubblicità, ma anche e soprattutto da coloro in cui ha fiducia, da chi lo circonda.

Ci sono molti modi per imparare a disprezzare i cicci e le cicce. Basta ascoltare due adulti che parlano di un bambino, o di un adulto, che non è normoforma. Basta ascoltarli mentre attribuiscono a questa diversa dimensionalità un mondo di negatività: guarda quello, è obeso. E' un pigro, uno che mangia sempre, hai visto quei panini?, non fa sport e non socializza con nessuno, insomma è uno sfigato. Il bambino normopeso, spinto per la sua natura a cercare l'accettazione degli altri, capace di comprendere solo in modo essenziale le parole degli adulti, capace però di ascoltarle assai meglio di quanto molti adulti suppongano, integra nella sua identità la medesima diffidenza e avversione per i suoi coetanei obesi e si prepara così a discriminare chi ha davanti in base al peso.

Non mancano gli adulti che cerchino di instillare nel bambino ciccione sensi di colpa nella speranza che si dia da fare per "diventare normale". E che magari lo facciano davanti ad altri bambini. In famiglia, a scuola. Ed ecco che con poche frasi il bimbo ciccione non solo si ritrova stigmatizzato dagli adulti, ma anche circondato da coetanei che apprendono come lui stia crescendo in modo sbagliato, come non si dia da fare abbastanza per controllare il suo peso, come questo rappresenti un forte elemento negativo.

Siamo ormai alla fine del 2013. Il movimento internazionale per la Libertà Dimensionale da anni diffonde le esperienze di cicci e cicce di mezzo mondo. Con questo movimento si allineano decine di ricerche scientifiche, di studi statistici. Tutto indica con assoluta chiarezza che il cosiddetto "fat shaming", ossia creare un senso di colpa nell'obeso per quello che è non solo peggiora il suo problema specifico, in nessun caso infatti lo aiuta a dimagrire se anche questa è la strada che vuole intraprendere, ma rende molto più ostile tutto il mondo che lo circonda.

Ciò che deve preoccupare gli adulti non è l'obesità dei propri figli ma il fatto che generazioni di bambini già da giovanissimi siano intrisi dell'avversione ignorante degli adulti per gli obesi, che abbiano cioè già associato a chi non rientra nella normoforma una serie di difetti, e persino appreso che dare addosso al ciccione è uno sport sostanzialmente condiviso dagli adulti.

Inutile sottolineare le conseguenze sociali dell'odio. Più utile, forse, richiedere agli adulti una assunzione di responsabilità. Prima di tutto a capire che lo stigma sociale danneggia enormemente il bambino ciccione e gli rende assai più difficile integrarsi socialmente, con conseguenze devastanti sulla sua personalità. In secondo luogo, che sull'obesità abbiamo tutti vissuto decenni di menzogne e scarsa informazione, abbiamo creduto tutti che bastasse una dieta, abbiamo davvero pensato che il bisturi potesse risolvere, abbiamo creduto sinceramente che fosse tutta una questione di forza di volontà. Ora noi adulti non abbiamo più scuse, ora sappiamo che l'obesità è una questione complessa. Ci rimane da capire che è uno stato dell'esistenza, che fa parte della personalità fin da bambini, che non è un buon motivo per consentire che l'infanzia e l'adolescenza di milioni di ragazzini diventi un inferno. Né che i più piccoli crescano odiando schiere intere di persone per come appaiono fisicamente.

Ancora una volta: quando impararemo a rispettare i più piccoli?

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giovedì 28 novembre 2013

Quelli che... Jannacci feat

Sull'aria della canzone di Jannacci, per riderci su... :)

Quelli che "L'imperfezione è la vera bellezza" e poi si fotografano controluce e un po' mossi... oh yeah...

Quelli che "L'obesità è un costo sociale perciò bisogna combatterla" e poi si fumano un pacchetto di sigarette per combattere il vizio del cibo... oh yeah...

Quelli che sono il pacchetto di sigarette.

Quelli che "Non parlo dell'estetica ma della salute" e poi si scopre che fanno le estetiste... oh yeah...

Quelli che "Non parlo della salute ma dell'estetica" perché sono naturopati da 100 euro a visita... e vabbeh, ci provano...

Quelli che "Non parlo né della salute né dell'estetica ma solo del tuo stato mentale" ma sono solo le vocine del cervello... eh sì...

Quelli che "Basta fare jogging per un'ora ogni giorno in mezzo al traffico"... oh yeah...

Quelle che "Se dimagrisco perdo le tette ma poi vado a farmele mettere posticce con la chirurgia plastica"... oh yeah...

Quelli che "Però se tu dimagrissi, perderesti tutta la tua bellezza, che è prevalentemente interiore"... oh yeah...

Quelli che "Una donna magra da presentare agli amici, una donna grassa da portare a letto" perché con il testosterone non si discute... oh yeah...

Quelle che "Non so perché gli uomini ti guardano per la strada, forse è perché sei bella dentro"... sì, in effetti me lo dicono anche i detenuti... oh yeah...

Quelli che "Mi piacciono quelle come te". E le altre di migliaia, ti piacciono tutte?... oh yeah...

Quelli che "PERO' di viso sei bella" perché sono bravi solo a dividere e non sanno moltiplicare... oh yeah...

Quelli che "Se ho mangiato l'abbacchio e il tiramisù, temo che il TUO colesterolo aumenti"... oh yeah...

Quelli che "Digiunare rende liberi" come dicevano ad Auschwitz... oh yeah...

Quelli che "Bisogna accettarsi"... le querce prima delle betulle... oh yeah...

Quelli che non sanno che la testa è la parte più pesante del corpo... oh yeah...

Quelli che ti invitano a cena e poi ti parlano di dieta, un classico non gradito di sempre... oh yeah...

Quelli che "Devi stare attenta a ciò che mangi, ne va della tua salute" e poi si scopre che hanno mal di testa, sciatalgie, diverticoli, coliti spastiche, influenze con 40 gradi di febbre e tu... NOOOOOOOOOOOOOOO!

OU YEAH!

Pralina Tuttifrutti per Cicciones


mercoledì 27 novembre 2013

Contrordine, l'obesità non porta alla tomba

E' passato pressoché inosservato qui da noi uno studio che ha invece sollevato molto rumore in questi giorni soprattutto negli Stati Uniti. Ricercatori accreditati hanno infatti confermato quello che già alcuni scienziati avevano osservato: il fattore di rischio più rilevante non è dato dall'obesità o dal sovrappeso, è dato dalla mancanza di movimento. Un obeso che sia "fit", ossia faccia esercizio fisico regolarmente, non corre più rischi di morire.

La ricerca, pubblicata in queste settimane su Progress in Cardiovascular Disease, esamina i risultati di numerose ricerche che spalmano l'osservazione di un alto numero di soggetti nel corso di più di quindici anni. E i risultati sono evidenti: il cosiddetto "rischio maggiorato" per i cicci e le cicce, quello di una morte prematura, risulta pressoché azzerato per chi si muove ogni giorno. E non parliamo di intense sessioni di palestra, ma anche soltanto di passeggiate e movimento quotidiani.

Prendendo in considerazione 10 studi considerati attendibili, i ricercatori hanno effettuato una meta-analisi identificando il BMI (massa grassa statistica) e il livello di fitness dei soggetti. Parliamo nel complesso di decine di migliaia di persone che le varie ricerche hanno seguito per molti anni per comprendere l'evoluzione del loro quadro medico. A quel punto sono state create tre categorie di persone: peso normale, sovrappeso, obeso. E sono state suddivise tra quelli che erano "fit" (in forma) e quelli "unfit". Questi ultimi, indipendentemente dal proprio peso, avevano un rischio di mortalità superiore di due volte rispetto alle persone fit, e chi era sovrappeso o obeso e fit aveva lo stesso rischio mortalità dei soggetti di peso normale. Questo vuol dire che il normpeso che non fa esercizio fisico aveva due volte il rischio mortalità dell'obeso fit.

"Se si ha difficoltà a perdere peso o a mantenere un regime dimagrante - ha spiegato uno dei ricercatori, Vaughn W. Berry - allora si punti a mantenere un regime di attività fisica regolare. Il rischio di mortalità si riduce significativamente". Berry ha anche sottolineato che si parla sì di movimento ma che molte delle persone prese in esame passavano mediamente non più di 12 minuti al giorno su un tapis roullant, il che sembra indicare che non serva ricorrere al "massacro" quotidiano a cui si sottopongono ogni giorno moltissimi, non sempre con i risultati sperati.

Secondo gli autori, i risultato della ricerca interessano da vicino anche i normopeso che non fanno esercizio, il cui rischio mortalità è molto elevato, un campo poco battuto da rilevazioni scientifiche e media. Berry anche sottolinea che lo studio non si può considerare definitivo perché sebbene indaghi sul rischio mortalità non ottiene indicazioni certe sul più ampio rischio di sviluppare determinate patologie, come il diabete, sebbene i risultati suggeriscano che anche queste siano fortemente contenute dall'esercizio. Quel che è certo, spiega ancora Berry, è che sia il movimento quotidiano e non il peso a stabilire un rischio-salute, il che potrebbe anche portare ad una nuova definizione di cosa significhi "sovrappeso".

"Molta più attenzione - spiega Berry - dovrebbe essere rivolta al promuovere attività fisica e fitness cardiorespiratoria come mezzo per ridurre i rischi di patologie e morte". "L'obesità - ha concluso - appare oggi come un rischio-salute assai più contenuto di quanto abbiamo sempre creduto".

Di interesse, infine, segnalare come i risultati di questo studio ancora una volta diano peso e valore all'approccio HAES (Health at Every Size) a cui si ispira questo blog: CCD è nato proprio per promuovere anche in Italia il senso di un'accettazione di sé basata sul rispetto del proprio corpo e della propria forma attraverso il superamento della discriminazione e un modesto ma costante esercizio fisico.

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Fetish obeso: mi piaci perché sei cicciosa

Ho dei profili sui più conosciuti siti di appuntamenti su Internet, ma di recente ne ho creato uno su un sito dedicato specificamente agli incontri con donne di grande taglia, le BBW. Ed è passato poco prima di venire contattata da diversi uomini. Ieri sera mi arriva questo messaggio:
"Ciao bella come va? Che fai? Ti piace il mio profilo? Sei così sexy anche di persona, mi piacciono le ragazze grandi come te. Quando sei libera? Quali sono le cinque cose che cerchi in un potenziale partner? Io la cerco saggia, provocante, spontanea, cerco sostegno e stranezza in una donna. E' chiedere toppo. Ti posso chiamare? Potremmo vederci per un aperitivo".
Non so neanche da dove iniziare. A parte che essere chiamata ciao bella da un uomo che neppure conosco... Non ho mai pensato che essere provocanti o strani fossero nelle prime cinque cose che un uomo potesse elaborare immaginando una propria "partner potenziale". Non ho risposto a questo tipo, ma mi sembra una buona rappresentazione degli uomini sui siti BBW. Leggere questo messaggio e gli altri che ho ricevuto mi ha spinto a chiedermi: "Cosa vorrei davvero? Un uomo a cui piaccia per via della mia taglia o uno a cui vada a genio nonostante la mia taglia?"

Quando ho iniziato a frequentare le feste dedicate alle BBW l'idea di un uomo attratto a causa della mia forma mi sembrava buona. Ero eccitata all'idea di mettere in gioco la mia personalità vincente e lasciare che il mio corpo attraesse gli uomini, ed ha funzionato. I miei top arditi e i miei jeans attillati sono stati apprezzati. Il mio stomaco, i fianchi, le curve e i miei rotoli non solo non venivano evitati, erano toccati e apprezzati. Eppure io anziché sentirmi celebrata, mi sono sentita violata.

All'inizio credevo fossero le mie insicurezze, mi dicevo che dovevo amare il mio corpo proprio come facevano gli amanti delle BBW. Certo, era bello essere desiderata, sentirsi sexy, ma quando la serata finiva mi sentivo più lontana che mai dal mio corpo. Ho iniziato a capire che sì la ciccia è mia, ma non mi definisce. Molti di questi uomini avevano un feticcio, attratti dalla mia obesità e non interessati a me. Ho passato tutta la vita a chiedermi cose si provasse ad avere qualcuno che ti voglia per il tuo corpo (come succede alle ragazze magre) e quando è finalmente accaduto, l'ho odiato.

Io volevo che fosse la mia personalità ad avere un peso, volevo essere più di un paio di grosse tette e un ventre morbido. E, d'altra parte, quando andavo ad eventi normali con i miei amici magri, loro incontravano nuove persone ed io no. Mi sentivo invisibile e in quei momenti avrei voluto essere ad una festa per ragazze grosse. Lì, almeno, non mi sentivo di essermi vestita al meglio senza motivo.

E così, per un certo tempo, non ho capito cosa fosse peggio: il tipo sbagliato di interesse o la mancanza di un interesse qualsiasi.

Dopo l'ultimo anno credo però di aver raggiunto una risposta. Comprendo perfettamente che tra gli amanti delle BBW non ci sono soltanto personaggi estremi. So che ci sono uomini in questo mondo sorprendenti, stabili, normali che sono attratti esclusivamente da donne di forme generose. Ma io ho capito di essere più a mio agio con qualcuno a cui io piaccia nonostante la mia taglia.

E tu che mi leggi, tu quale tipo di uomo preferisci?

Testo liberamente tradotto da A BBW Admirer vs. A regular guy sul blog della mitica CeCe di New York
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martedì 26 novembre 2013

Basta con gli insulti ai ciccioni. Alziamo la testa

Non che abbia le idee chiarissime ma la domanda è importante: quanto conta indignarsi di fronte ad una offesa, un insulto, una battuta sgradevole? Come reagiamo, oggi, quando ci troviamo con qualcuno che si comporta in questo modo rispetto ad una donna, ad un omosessuale o a uno straniero? E reagiamo allo stesso modo quando ad essere preso in mezzo è un obeso? E, se non lo facciamo, perché accade? Non abbiamo qualcosa da rimproverare a noi stessi?

Quel che mi chiedo, insomma, è se la reazione che abbiamo quando siamo testimoni di una discriminazione razzista o sessista sia la stessa quando si parla di cicce e cicci. La mia sensazione è che ci sia una differenza sostanziale e che, come dimostra la ricerca medica, questo renda tutto ancora più difficile agli obesi che vogliano cambiare, e magari dimagrire.

Indignarsi per la battuta infelice di un collega, un conoscente, ma anche di un amico o di un familiare, serve in linea generale a tre scopi di cui forse non siamo sempre consapevoli. Il primo è prendere le difese del soggetto aggredito con cui avvertiamo un senso di fratellanza o, quantomeno, di rispetto. Il secondo è prendere le distanze da quell'offesa, come per dire "io sono diverso, io non dico certe cose". Il terzo è insegnare a chi ha detto la bestialità del giorno che esiste un altro modo di pensare e di vedere le cose e, magari, spingerlo a rivedere i propri pregiudizi. Ma questo processo di reazione si innesca anche quando siamo di fronte ad una espressione di ostracismo o discriminazione dimensionale? E, se non accade, perché non accade?

La mia sensazione è che aggredire verbalmente un ciccione, o parlarne male dietro le sue spalle, sia ad oggi l'unico genere di aggressione che chi la compie sa di poter eseguire senza rischiare reprimende sociali significative. L'avversione per gli obesi è tanto diffusa in ogni ambito della nostra società, persino in molte famiglie, che l'autore di un gesto discriminante o irrispettoso, di un pettegolezzo o di un insulto sa che può contare su una sostanziale complicità di chi gli sta intorno. Al 99 per cento, cioè, può supporre che chi è con lui/lei nel momento dell'aggressione la pensi allo stesso modo, e quindi giù insulti, bullismi e via dicendo.

Come superare tutto questo? L'unica strada che vedo è continuare testardamente a "fare cultura", a raccontare le novità scientifiche che permettono di comprendere la complessità e l'ampiezza della questione obesità, a riportare le storie di obesi e obese nel mondo. Ma, forse, serve anche uno sforzo in più da parte di tutti coloro che già sono consapevoli di quanto intollerabile e pesante sia l'ostracismo sociale. Occorre reagire. Mai più stare in silenzio quando qualcuno viene preso di mira per la sua dimensione, mai più chiedersi cosa fare: occorre alzare la testa, alzarsi in piedi e affrontare l'autore o gli autori di una aggressione di questo tipo. Soprattutto, non dobbiamo perdonarla noi stessi. Non c'è nulla di innocente nel discriminare qualcuno e se teniamo alla persona che ostracizza, insulta o discrimina allora sarà bene fargli o farle notare quanto si sbaglia. E' ora di cambiare registro. O no?

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lunedì 25 novembre 2013

Una nuova conferma: l'obesità genetica

Una gran bella notizia per la lotta alle patologie favorite dal sovrappreso e dall'obesità arriva dall'Università di Cambridge. Una notizia che descrive la discriminazione contro gli obesi come un comportamento compulsivo da condannare. Essì, perché gli scrienziati inglesi hanno lavorato sul funzionamento del gene KSR2 e hanno compreso qualcosa di più su come il suo funzionamento possa influenzare la vita delle persone, la loro capacità di bruciare calorie e, più in generale, di mantenere il giusto metabolismo.

In particolare, spiegano i ricercatori, KSR2 appartiene "ad un gruppo di proteine (..) che giocano un ruolo essenziale nel garantire che i segnali dagli ormoni come l'insulina siano elaborati correttamente dalle cellule (..) per quanto concerne la loro crescita, la velocità di divisione e l'uso dell'energia".

Insieme agli scienziati del Welcome Trust Sanger Institute, gli autori dello studio hanno sequenziato il DNA di oltre 2000 obesi e identificato mutazioni multiple nel KSR2. "I soggetti con le mutazioni - hanno spiegato - hanno subìto un aumentato impulso a mangiare nell'infanzia, ma anche una ridotta attività metabolica, con la loro ridotta capacità di utilizzare tutta l'energia che introducevano".

Il problema metabolico viene spesso associato a disordini tiroidei. Ma non in questo caso. Spiegano i ricercatori infatti che in questo caso la tiroide dei soggetti risultava normale. "Da tempo si ritiene che alcuni individui consumino le calorie più lentamente di altri - dicono gli scienziati - Questo studio dimostra per la prima volta che difetti nel KSR2 possono alterare le capacità metaboliche dell'individuo e il modo in cui il corpo elabora le calorie".

Dal punto di vista scientifico, dunque, ci si trova dinanzi ad un gene che non solo esercita un peso sull'appetito ma anche sul modo in cui l'energia viene consumata dall'organismo. "In futuro - sperano i ricercatori - la capacità di rimodulare il KSR2 potrebbe rappresentare una nuova utile strategia terapeutica per l'obesità e il diabete di tipo 2".

domenica 24 novembre 2013

Nude e opulente, le belle donne



"Nel mio lavoro ritraggo quello che le donne abbondanti significano per me. Mi focalizzo sulla loro pienezza e femminilità, quale forma di protesta contro la discriminazione imposta dai media e dalla società odierna.
Queste donne incarnano per me una forma diversa di bellezza. Credo nella libertà del gusto, e nessuno dovrebbe essere riluttante nell'esprimere le proprie inclinazioni a questo proposito. Limitare questa libertà è vivere in una dittatura dell'estetica.
Credo che ci siano vie diverse a quello che percepiamo come bellezza, nulla che possa essere misurato, nulla di una dimensione standard.
Io fotografo le mie modelle nude e serene, per creare una rappresentazione confortevole, orgogliosa e costruttiva di sé dinanzi a chi guarda".

Così Yossi Lololi, celebre fotografo italiano, racconta il suo Full Beauty Project che, rispetto ad altre precedenti esplorazioni artistiche, aggiunge una forte componente di denuncia contro la discriminazione.



La forza della rottura con l'immaginario imposto da media, moda e business è così penetrante in queste fotografie da confondere le idee ad alcuni, esaltando invece altri. Per noi la chiave sta nell'occhio del fotografo che non cerca complicità con chi guarda ma offre una opportunità: l'esistenza pacifica di un mondo alternativo o, meglio, di un mondo più ampio, nel quale le modelle sono spogliate di ogni ricorso esibizionistico per porre al centro ciò che sono con molta più forza ed energia di quanto accada nelle immagini standard da cui siamo bombardati, anche perché del tutto alternative ad esse.



sabato 23 novembre 2013

Dimagrire per essere accettati?

"So che molti hanno pregiudizi ma per così tanti anni sono stato "in carne" che alla fine ci fai l'abitudine e quasi non ci fai più caso. Adesso che però sono molto più magro mi sono accorto di come la gente mi guarda in modo diverso a cominciare dalle ragazze. Magari non tutti possono dimagrire ma provateci perché ne vale la pena. - Daniel"

Caro Daniel, dimagrire perché la gente ti guardi in modo diverso può certo costituire una motivazione per tanti obesi che tentano questa strada, in fondo tutti vogliamo essere accettati e spesso quando si è adolescenti si è pronti a tutto per questo, e se la questione obesità fosse una faccenda di dimagrimento anziché uno stato dell'esistenza forse parlare di motivazioni in questo modo avrebbe persino un senso. Ma sicuramente ti rendi conto che hai ribaltato il problema: accettare che per vivere serenamente con gli altri si debba aderire ad una forma predefinita, significa sottostare ad uno strisciante fascismo monodimensionale che produce già oggi violenza, sofferenza, malattia e pregiudizio a tutte le latitudini.

Se qualcuno perché sei ciccione "ti guarda" in un certo modo, come dici tu, il problema non può essere tuo. E' suo. E' lui che si permette di giudicare una condizione che non conosce, è lui che entra nel tuo spazio più intimo, quello della tua identità, per tracciarne un giudizio frettoloso basato più che mai sulle apparenze. Le motivazioni per le quali sei abbondante o secco, dimagrisci o meno, sono così personali che qualsiasi valutazione si costituisce in pregiudizio, ed è tanto più disumanizzante perché sacrifica la complessità dell'esistenza sull'altare di uno standard dimensionale.

Questa virtuale uccisione di cicci e cicce di mezzo mondo viene declinata di continuo in sguardi, comportamenti ed esclusioni, ma con tutte le forze va respinto al mittente sempre e comunque: ognuno ha il diritto di essere ciò che è e di esserne felice ed orgoglioso. Nessuno ha invece il diritto di escluderti perché sei ciò che sei. Teniamolo sempre presente. E godiamo del fatto che tra le donne e gli uomini, normoforma o meno, non manchino quelli che sono attratti dall'abbondanza.

E, se vuoi dare una mano a combattere la discriminazione, prova a investigare, a chiedere ai tuoi amici che oggi ti guardano diversamente la vera ragione per cui lo fanno; instillerai dubbi fecondi in persone che forse, fino ad oggi, non si sono mai chieste sul serio cosa significhi essere dei cicci in una società malata come la nostra. Grazie di cuore per il tuo messaggio al blog, continua a seguirci anche su Facebook. Alla prossima.

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venerdì 22 novembre 2013

Giù le mani dai bambini. Anche se ciccioni

Si va confermando la relazione tra stress in età infantile e obesità. Un nuovo studio pubblicato su Pediatrics condotto per molti anni da ricercatori dell'Università del Michigan traccia un profilo di "rischio obesità" per i bambini sottoposti a stress psicosociale. Come quasi sempre, i guai dei bimbi sono causati dagli adulti.

Si tratta di un'area di studio che rappresenta una grossa sfida all'indagine scientifica. La sua importanza è direttamente collegata non solo al contrasto dell'obesità giovanile ma anche dell'ostracismo subito in giovan età, periodo nel quale il bullismo e le pressioni dei coetanei incidono in modo talvolta drammatico sullo sviluppo dell'identità.

Secondo i ricercatori americani, "sperimentare molti eventi negativi nella vita infantile, in particolare eventi che si trascinano o cronicità mediche, aumenta il rischio di sovrappeso entro i 15 anni. L'eventuale obesità materna e un ritardo nella gratificazione da alimentazione aumenta ulteriormente questo rischio". "L’adattamento allo stress cronico ha importanti implicazioni di salute e malattia negli adulti ma anche nei bambini, e l’associazione tra fattori di stress psicosociale e obesità infantile è stata documentata" - dichiarano i ricercatori.

Come scrive Note e Salute a questo proposito, "molti fattori psicologici, per esempio il divorzio dei genitori o un lutto in famiglia, possono spingere i bambini a mangiare per sentirsi meglio. Tuttavia, la definizione dei fattori di stress non è sempre la stessa, e la maggior parte delle ricerche combinano indici di rischio che includono la salute fisica e mentale dei genitori, l'esposizione al bullismo, lo stress socio-economico e una struttura familiare non ottimale".

Lavorando su più di 1.300 famiglie dal 1991 in poi, incrociando i fatti certi e gli eventi di maggiore rilievo per i bambino, i ricercatori hanno tentato di collegare eventi avvenuti a 4, 9 e 11 anni con il sovrappeso a 15. Hanno anche cercato di dare una valutazione sull'intensità e la valenza dei singoli eventi sul sovrappeso e di individuare le cause biologiche o ambientali che potessero avere una relazione con questo.

"Tra gli 848 piccoli partecipanti - hanno spiegato i ricercatori - l'elevata quantità di eventi negativi della vita aumentava il rischio di sovrappeso nell’adolescenza. E le probabilità di guadagnare peso aumentavano ancora a seconda della valenza negativa di ogni evento, specie se legato alla salute fisica o mentale dei familiari". Non si può dunque generalizzare, ma la speranza è che una migliore comprensione della natura e dell'origine dell'obesità, anche quella infantile, posssa diffondersi soprattutto tra adulti, tutori e genitori, insegnanti ed educatori, che sono spesso i primi a stigmatizzare il bambino o la bambina obesa senza comprendere la complessità di chi hanno davanti.

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giovedì 21 novembre 2013

Chirurgia bariatrica, rischio in più per le gestanti

Il difficile e doloroso percorso che porta molte donne ad optare per la chirurgia anti-obesità è sempre più in salita. Ricercatori svedesi del Karolinska Institute hanno determinato un aumentato rischio gestazionale per le donne in attesa e che si sono precedentemente sottoposte a questo genere di interventi.

Non è certo la prima volta che si parla di questo rischio, ma fin qui son mancati numeri e cifre che possano aiutare le future mamme a prendere le proprie decisioni. Secondo gli scienziati, che hanno pubblicato il loro studio sul British Medical Journal, il rischio è quello di nascite premature o di dare alla luce neonati sottopeso.

La ricerca si basa sull'analisi di circa 15mila casi spalmati tra il 1992 e il 2009, in cui si è comparata la storia di aspiranti madri che si sono sottoposte a questo genere di chirurgia rispetto a donne che non hanno subito l'intervento. Si è così scoperto che il primo gruppo ha partorito più spesso bimbi di peso minore. Da segnalare che nel 5,2 per cento dei casi si trattava di sottopeso dovuto ad una gestazione più breve del normale, cosa che è accaduta solo nel 3 per cento dei casi del campione di donne non operate. Allo stesso modo il 4,2 per cento del primo campione ha avuto neonati di peso maggiore del normale contro il 7,3 tra le donne non operate.

"Donne con lo stesso BMI - ha dichiarato uno dei ricercatori - hanno dato alla luce neonati di peso diverso a seconda se si fossero o meno sottoposte alla chirurgia bariatrica (...) Il meccanismo per il quale questa chirurgia influenzi la crescita fetale non è ancora noto, ma sappiamo ora che chi si sottopone a questo tipo di interventi è a rischio di deficienze micronutritive".

Secondo gli scienziati, le donne operate dovrebbero essere considerate un gruppo a rischio quando in gestazione, bisognose quindi di raccomandazioni dietologiche particolare e controlli supplettivi nel corso della gravidanza. Per le donne con gravi situazioni di obesità la chirurgia bariatrica rimane in ogni caso l'ultima speranza per ridurre il rischio di diabete o malattie cardiovascolari, spiegano gli scienziati, ma con questi dati sarà più facile delineare le esigenze e i problemi connessi alla gravidanza.

mercoledì 20 novembre 2013

Ciccioni schifosi, la smettessero di ingozzarsi

Quante volte lo abbiamo sentito dire: "Sei grasso, mangia meno, deficiente". Ed è uno dei più tragici pregiudizi che pesano sulla testa di cicce e cicci: se sei grasso e obeso è perché ti ingozzi. Perché è ovvio: se sei obeso è perché sei pigro, non ti sai controllare, non hai forza di volontà. E' una bestialità medievale per chiunque abbia studiato anche solo minimamente la questione obesità, eppure è la più diffusa battuta in circolazione, che alimenta la discriminazione come nessun'altra. Ecco perché mi sembra utile pubblicare una pagina che può essere data in pasto a chiunque dovesse apostrofarvi con l'ennesima banalità.

Ecco dunque il bellissimo articolo di Denise Cummins, psicologa e scrittrice americana, impegnata a rispondere ad un altro psicologo, dott. Miller, secondo cui, appunto, gli obesi dovrebbero smetterla di mangiare e di lamentarsi.

"L'idea del dott. Miller non è solo invasiva ma anche riassume la più popolare credenza sull'obesità, ovvero che sia causata dalla golosità, dalla pigrizia e dalla mancanza di auto-controllo. Si poteva forse accettare in passato una dichiarazione come quella di Miller. Ma oggi, nel 21esimo secolo, sappiamo così tanto in più sulla complessità dei processi biologici che sottostanno allo sviluppo dell'obesità. E questo tipo di bigottismo non può più essere scusato.

1 - Come una persona magra vede l'obesità.
Per molti di noi l'obesità non è nemmeno una questione. Quando la bilancia inizia a salire, tagliamo l'introito di cibo e aumentiamo l'esercizio fisico. E questo basta, il peso va via. Se torna a salire, sappiamo che cosa dobbiamo fare. Ma quello che non capiamo è che questa semplice soluzione non funziona per tutti (...) La verità è che chiunque abbia seguito una persona obesa nella sua battaglia per perdere peso potrebbe difficilmente accusarla di mancanza di disciplina". Viene quindi citato il famoso studio della PennyUniversity sull'Obesità:
"Nessuno poteva essere più determinato di coloro che hanno partecipato allo studio sulle diete della Penn. Si sono dati interamente ad un programma biennale. Hanno tenuto diari alimentari. Hanno fatto esercizio. Hanno lavorato per evitare pensieri e situazioni che potessero spingerli a mangiare. E, com succede quasi sempre a chi si mette a dieta, hanno finito per riguadagnare quasi ogni chilo perso con tanta fatica".

2- Perché per un obeso è così difficile perdere peso?
In decenni di ricerca medica abbiamo appreso:
- La relazione tra introito alimentare e dispendio energetico è assai più complessa che il solo concetto "calorie mangiate, calorie bruciate", una equazione che dottori e personal trainer vorrebbero che facessimo nostra. Milioni di anni di evoluzione hanno dato vita a meccanismi contro la fame e l'incertezza delle risorse alimentari. Quando posti sotto stress, questi meccanismi ci spingono più verso la conservazione dell'energia che il suo dispendio. Alcuni di noi hanno strutture genetiche che rendono il prendere peso cosa molto semplice e perderlo cosa molto difficile.

- Più che una equazione con due variabili (dieta ed esercizio fisico), l'obesità è un disordine multifattoriale in cui fattori genetici e ambientali interagiscono per disequilibrare la bilancia energetica. Più di 250 geni sono coinvolti nell'obesità umana. Geni specifici governano l'introito alimentare, il consumo energetico, il metabolismo dei grassi, quello del glucosio e lo sviluppo del tessuto adiposo.

- Uno studio apparso sul New England Journal of Medicine ha comportato il coinvolgimento per 120 giorni di coppie di gemelli (tutti uomini, tutti magri), ogni coppia divisa in dormitori diversi. A tutti loro sono state fornite ogni giorno mille calorie più di quante era loro necessario per mantenere il proprio peso corporeo. Se l'acquisto di peso fosse solo una questione di cibo ed esercizio, sarebbe stato lecito aspettarsi che tutti gli uomini avessero acquisito grandi quantità di peso durante lo studio. E, in effetti, è accaduto: la quantità di peso però variava moltissimo, alcuni hanno preso 3 o 4 chili, altri fino a 10 o 11.
La distribuzione del peso anche variava, alcuni han visto aumentare la pancia, altri le cosce e i glutei. Non solo: ogni fratello ha guadagnato peso nella stessa misura e nella stessa area del corpo del prorio gemello. Quindi i ricercatori hanno concluso che fattori genetici sono coinvolti nell'adattamento alla sovralimentazione, nelle variazioni di peso, distribuzione del grasso, tendenza ad accumulare energia come grasso e il modo in cui l'energia viene metabolizzata.

Un altro studio ha esaminato il tasso di obesità in 540 ragazzi danesi adottati. Si è scoperta da questo punto di vista una relazione diretta con i propri genitori biologici mentre non ne avevano alcuna con i genitori adottivi.

In studi sui geni dell'obesità, topi che avevano ereditato copie mutate del gene "ob" dai propri genitori sono divenuti estremamente obesi e voraci. E più pesanti dei topi normali anche quando sottoposti ad una dieta controllata. La ragione della loro voracità è che queste varianti genetiche alterano i recettori della leptina, un ormone che sopprime l'appetito. Sono topi che ne hanno meno degli altri e quindi non sperimentano lo stesso senso di sazietà o soddisfazione dal cibo. E così, proprio come i topi normali, tentano di mangiare fino a quando non sono sazi. Ma, al contrario dei topi normali, continuano a sentirsi affamati anche dopo aver consumato una normale porzione di cibo. Le persone obese tendono ad essere resistenti alla leptina, cosa che indica una funzione alterata dei recettori della leptina.

3 - Conclusioni
Questo significa dunque che i geni controllano il nostro destino e non c'è niente da fare? No. Ma significa che dobbiamo capire che ciascun organismo risponde in modo individuale al cibo e all'esercizio. Che non ci sono diete né programmi di esercizio validi per tutti, e che una cosa che ha funzionato per te può non funzionare per il tuo prossimo (...) Per i guru della perdita di peso e per i medici di famiglia, questo significa che se una semplice dieta ed esercizio non funzionano per un paziente, ciò non vuol dire che questi stia mentendo o barando. Occorre invece sviluppare alternative per assistere pazienti con difficoltà nel perdere peso a raggiungere obiettivi ragionevoli. Ma, soprattutto, significa che chi di noi non ha mai dovuto combattere davvero con la perdita di peso ci pensi due volte prima di attribuire agli obesi pigrizia, gola, mancanza di volontà o ogni altro genere di turpitudine morale".

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lunedì 18 novembre 2013

I cicci non ti piacciono? Non lo hai deciso tu

Sono i media, la pubblicità e ciò che viene premiato perché definito "bello" o "accettabile" a determinare le preferenze estetiche della popolazione e spesso le turbe comportamentali legate al peso corporeo. La notizia non è nuova, anzi è addirittura sapere comune, ma uno studio condotto tempo addietro presso la Durham University britannica getta nuova luce per comprendere la natura dell'odio anticicci.

I ricercatori hanno sottoposto un campione di donne ad un singolare esperimento, presentando loro immagini di altre donne di ogni forma e peso. E hanno scoperto che più si viene esposti ad una dversità delle forme, più si modifica la percezione di ciò che è bello o accettabile dal punto di vista estetico. Sottoposte ad un insieme di immagini positive con soggetti obesi, le donne del campione analizzato hanno preso ad apprezzare volti e forme sovrappeso che prima non apprezzavano.

Gli studiosi hanno spiegato che ciascuno ha una propria "preferenza" dovuta a molteplici fattori. Come dimostrano ricerche precedenti, infatti, la percezione di chi è "bello" può essere modificata da considerazioni sulla salute delle persone così come dalla percentuale di "successo" che viene associata ad una certa forma fisica. L'idea degli scienziati della Durham University è stata di verificare se e in che modo questa preferenza "di base" possa essere modificata.

La dimostrazione che ciò è possibile, e che accade, è stata ottenuta sottoponendo nuovamente il campione ad immagini di successo e bellezza standard, quella normoforma legata alla moda e al successo economico che qui si è lungamente stigmatizzata, e le preferenze sono nuovamente cambiate in senso anticicci. "Nel nostro studio - spiegano i ricercatori - ai partecipanti viene assegnato un valore di preferenza del corpo magro verso quello grasso, vengono poi sottoposti ad una manipolazione e successivamente viene rivalutata la loro preferenza". I risultati non sono definitivi, ma sembrano indicare in modo evidente come la pressione mediatica condizioni le scelte di tutti.

In questa sede non ci interessa neppure lontanamente indagare su chi cosa e perché sia considerato bello o brutto, ma quanto rilevato dagli scienziati aiuta tutti a capire la natura della discriminazione contro i cicci e le cicce di mezzo mondo, repulsione declinata spesso in ostilità e talvolta in odio, ma anche in minori salari o sfruttamento parasanitario. Si tratta di un primo studio, preliminare, che "ci permette di ragionare - come han detto i ricercatori - sul potere dell'esposizione a corpi supermagri. Ci sono prove che essere circondati continuamente attraverso i media da celebrità e modelle molto magri contribuisce ad un rapporto non sano di ragazze e donne con il proprio corpo. Sebbene ancora non si possa sapere se una breve esposizione ad immagini di donne più in carne possa cambiare le preferenze sul lungo periodo, il nostro studio indica certamente che mostrare più modelle normali potrebbe ridurre l'ossessione delle donne per la magrezza". La domanda viene da sé: quanto potremo sopportare, e quanto potranno sopportare le donne del mondo occidentale, prima di inchiodare i media alle proprie responsabilità?

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sabato 16 novembre 2013

Sei grasso? Sei depresso e ti vuoi male

Ti fai ribrezzo e rifiuti il tuo corpo, ti arrabbi con te stesso, ti deprimi e non puoi sfuggire: se sei grasso la tua vita ti fa schifo. Questo e nientemeno è il profilo psicologico dell'obeso propagandato questa volta, l'ennesima volta, da un luminare canadese a cui, ahinoi, ha dato spazio l'HuffingtonPost, trasformando quindi i deliri di quel medico, come già altri prima di lui, in propellente per i più malevoli luoghi comuni che segnano la vita di cicci e cicce.

Dottore in "obesity management", Arya Sharma non ha una grande opinione degli obesi che, a suo dire, nella loro vita attraversano qualcosa che assomiglia molto alle "cinque fasi del dolore", comprensive del momento in cui si rifiuta ciò che si è, in cui ci si arrabbia con se stessi e si cade in depressione. Oppure si accetta la situazione e si chiede aiuto. Questo, evidentemente, solo nel migliore dei casi. "La ricerca - sostiene Sharma - dimostra che spesso queste varie emozioni si vivono in parallelo o a volte in ordine sparso, ed è naturale. Alcuni possono anche non superare mai le fasi della negazione e della rabbia".

Gli obesi già ne sopportano di tutti i colori, ma anche sentirsi dire che in quanto cicci sono anche persone che si odiano, sono depressi e rifiutano ciò che sono mi sembra troppo. Anzi. Sharma alimenta molti dei peggiori luoghi comuni intorno ai ciccioni comparando la vita di coloro che si rivolgono a lui a quella degli obesi in generale. Quante sono le persone felici di essere quello che sono e che sono anche obese? E se una persona obesa è depressa, per dirne una, quanto giocheranno in questa depressione gli insulti e l'emarginazione che deve affrontare giorno per giorno in una società discriminatoria?

Direi di più. Come può permettersi uno come Sharma ad equiparare all'essere obesi le cinque fasi del dolore che sono quasi sempre percorse in momenti tragici come la perdita di qualcuno che ci è caro o la diagnosi di una patologia incurabile? Nel primo caso parliamo di uno stato dell'esistenza, di una caratteristica identitaria, nel secondo parliamo del dramma di un cambiamento improvviso e devastante.

Quel che dice Sharma, dunque, è destituito di fondamento. Ma perché uno come lui, presidente di associazioni mediche in Canada e coordinatore di studi sull'obesità, si permette di sparare a zero su cicci e cicce in quanto cicci e cicce? La risposta credo vada cercata nella demonizzazione dell'obesità che un approccio superficiale alla salute coniuga con triste ferocia ai media. In questo modo si trasforma una questione intima come la forma del proprio corpo e la propria identità in un discrimine tra chi ha diritto alla felicità e chi non ce l'ha.

In un recente post su Bustle, Marie Southard Ospina stigmatizza Sharma per le sue offensive generalizzazioni, come quella secondo cui chi è obeso lo è perché "non fa esercizio fisico" o che chi è obeso ha solo due opzioni: "perdere peso ed essere felice o rimanere grasso e vivere una vita di miseria, al buio e da soli". "Se sentiamo le cose che dice - osserva Marie - parrebbe proprio che questo uomo non abbia mai incontrato una persona grassa". Ma è veramente triste pensare che "qualcuno potrebbe passare la propria intera vita ritenendo che quanto pesi possa non solo dirti quanto tu sia in salute ma anche se e quanto tu sia felice".

La cosa ancora più triste, forse, è dover star qui a commentare le parole di un medico, una figura che si occupa di persone malate e dalla quale i suoi pazienti avrebbero diritto ad attendersi un aiuto, non un pregiudizio.

venerdì 15 novembre 2013

La vertigine del Bisturi Bariatrico

Cosa pensereste se qualcuno venisse da voi e vi dicesse che con una bacchetta magica potrà risolvere tutti i vostri problemi? Un invito generico e assoluto a rivolgersi alla chirurgia bariatrica ha trovato ancora una volta ampia eco sui media italiani, che proprio non sanno come avvicinare l'intera questione dell'obesità. La considerano una malattia ma non lo è come già statuito anche dalla Sanità Italiana. L'obesità è uno stato dell'esistenza, inevitabilmente complesso e non risolvibile con una botta di anestesia.

L'obesità nei decenni a tutte le latitudini ha dato vita a un grande business. Se è giusto che medici competenti possano consigliare ai propri pazienti interventi salvavita, e si parla quindi di casi estremi e molto particolari, è lecito allarmarsi quando si auspica un aumento orizzontale degli interventi chirurgici. Le considerazioni che vengono proposte in questi giorni da certi medici (ad es, nel link più in alto: "Ma la terapia funziona solo se associata a un regime alimentare controllato e a regolare attività fisica") non tengono in alcun conto la complessità dello stato di obesità, che è parte della nostra stessa natura e identità. Non basta che "funzioni", occorre che "funzioni nel tempo", che diventi cioè parte di una nuova identità.

Nell'articolo linkato qui sopra, si auspica un più ampio ricorso a questo genere di chirurgia. Essendo per definizione "interventi salvavita", da eseguire quando ogni altro approccio è fallito e quando è a rischio pressoché immediato la vita del paziente, l'unica estensione auspicabile è a quelle percentuali di uomini e donne che sono altrimenti destinati ad andarsene prematuramente e che oggi non trovano un'alternativa qualechesia. Ma va limitata a quei soli particolari casi, non solo perché sono interventi ad alto rischio ma anche perché spesso non sono risolutivi. Non si parla, nell'articolo linkato ma più in generale sui media italiani, dei traumi vissuti prima, durante e dopo, quei drammi che riempiono pagine di forum in tutto il Mondo. Certo, tanti coraggiosi ce la fanno a completare tutto il durissimo percorso, poco più della metà secondo i medici di settore, ma ci sono anche gruppi di sostegno e ricordi di chi sotto i ferri non ha solo perso massa grassa.

La verità è che un intervento chirurgico è pericoloso per sua natura, tanto più quando riguarda la resezione, la modificazione o la trasformazione degli organi interni. Teniamolo sempre presente. E chi si occupa di comunicazione dovrebbe comprendere che l'obesità non è una malattia più di quanto non lo sia essere alti o bassi, biondi o bruni. E' uno stato dell'esistenza. Una caratteristica identitaria costituita da comportamenti, cibo, metabolismo, psicologia, storia personale e molto altro, destinata quindi a declinarsi in ciascuno in modo diverso. Dai media non possiamo che aspettarci, e lo diciamo più con testardaggine che con speranza, che prima o poi inizino ad indagare sulle cause dell'obesità, dando più spazio alla lotta alla discriminazione e al benessere, ossia all'amore, che alle occasioni di business.

giovedì 14 novembre 2013

Discriminazione, c'è chi dice NO

C'è un gran bel video di una giovane cuoca, Ariel, che ho intercettato solo pochi giorni fa su YouTube. E' un video interessante perché è sincero, sentito e perché è una rarità: una giovane donna non solo rispetta le diversità e la propria diversità, ma si ribella all'oscurantismo imperante, quel razzismo che spesso trasforma in un incubo la vita di chi non è normoforma.

Ariel lo ha girato molto prima del tragico gesto di Cristina, la bambina milanese che si è lanciata dal balcone perché discriminata, e mi sembra ancor più giusto mettere qui agli atti lo "Sfogo sulla discriminazione", come è intitolato, anche perché è una delle prime testimonianze in video e in rete di chi alla discriminazione dice no.
Grazie Ariel!


mercoledì 13 novembre 2013

Troppo grasso, non può tornare a casa

Fino agli Stati Uniti è riuscito ad arrivare. Là si è sottoposto ad un intervento salvavita. Ma ora per il 22enne Kevin Chenais tornare a casa, in Francia, sembra una missione impossibile. British Airways ha infatti deciso che Kevin pesa troppo per portarlo indietro e intende restituire a lui e alla sua famiglia i prezzi dei biglietti. Va detto che proprio con British Airways era giunto negli USA nelle scorse settimane proprio per affrontare chirurgicamente una obesità causata da una patologia che affligge anche la respirazione.

Secondo la CNN, però, nonostante l'operazione lo abbia reso meno pesante, ora Kevin pesa poco più di 220 chili rispetto ai 250 iniziali, il personale di British Airways ritiene che per tornare a casa dovrà trovare un altro mezzo. In queste settimane convulse passate a cercare una soluzione, British ha pagato l'hotel per Kevin e famiglia e sostiene di aver cercato "ogni possibile soluzione" e che "il confort dei passeggeri" così come la loro sicurezza è "di primaria importanza". Sta di fatto che, però, l'aviolinea non è in grado di fare al ritorno quello che ha fatto all'andata, perché la forma di Kevin non è standard.

"Non capisco - ha dichiarato la mamma di Kevin, Christina - se hanno potuto portarlo qui in Economy, ci deve essere un modo per riportarlo a casa in Economy. Portatelo a casa in modo che possa continuare le sue terapie". Anche Kevin è deluso: "Sono sicuro che molta gente che pesa come me incontra lo stesso problema. Questa volta prima di partire dalla Francia me la sentivo che qualcosa sarebbe andato storto".

Il problema è sempre quello: nonostante le compagnie aeree svolgano un servizio pubblico fondamentale come il trasporto, loro e i costruttori trovano enormi difficoltà nell'adattare gli aerei alla diversità degli umani. Se Kevin per tornare a casa sarà costretto ad un viaggio lungo e complicato, prima in treno e poi in nave, sono moltissimi quelli che non appartengono allo standard normoforma e che ogni giorno si devono adattare a viaggiare scomodamente in aereo perché vengono considerate portatrici di diritti solo alcune delle molte forme dell'essere umano.

martedì 12 novembre 2013

Dodici anni gettati dal balcone: "Sono grassa"

Cristina ha dodici anni. I giornali oggi ne parlano come di una ragazza. Sì, forse. Una bambina, anche. Cristina ieri ha guardato a lungo il vuoto sotto il balcone di casa, con le mani sudate e gli occhi semichiusi ha scalato quel muretto e con una vertigine nel cuore si è lasciata cadere di sotto.

Cristina è una bimba sovrappeso, schernita per questo dai compagni di scuola, discriminata senza pietà, come spesso accade tra "ragazzi". Forse anche per questo è introversa e i suoi voti a scuola sono bassi, di certo nei suoi pochi anni di vita Cristina non ha potuto ancora maturare la capacità di difendersi da una discriminazione continua e non ha fatto che accumulare disagio su disagio. Né, evidentemente, gli adulti sono riusciti a intervenire.

Emarginata per la sua forma, nel messaggio lasciato al mondo nella sua cameretta, ieri Cristina ha scritto una frase, "Non ce la faccio più"; una frase che le vittime della discriminazione anticicci si ripetono spesso ma che, per Cristina, ha costituito una consapevolezza definitiva.

Ora Cristina è in ospedale e per fortuna è fuori pericolo. Forse, adesso, gli adulti si accorgeranno del mondo che il loro odio per il diverso sta costruendo per i nostri bambini, odio assorbito e moltiplicato dai coetanei di Cristina, tutti presi a rinforzare le proprie giovani identità replicando comportamenti genitoriali, pubblicità e anoressie mediatiche. Quanti bimbi ci sono passati? Quanti di loro, di noi, hanno pensato di farla finita? Quanti hanno vissuto anni di solitudine in questo mondo di odio?

Certo, è fin troppo ovvio, non basterà il gesto di una bimba di Trezzano sul Naviglio, vicino Milano, per svegliare questo paese: la vita di milioni di giovani cicci e cicce continuerà ad essere demolita dalla discriminazione, ma è lecito sperare che almeno qualcuno apra gli occhi. Oggi Cristina è sopravvissuta. Se domani a lei e a tante altre bimbe la vita possa apparire meno nera dipende dagli adulti. Dalla loro capacità di amare tutte le diverse forme ed espressioni dell'umanità e, in definitiva, di amare davvero se stessi.

(fonte news)
(fonte immagine)
nota: Cristina è un nome fittizio, le autorità di Trezzano hanno preservato l'identità della piccola.

giovedì 7 novembre 2013

Quegli enormi sexy ciccioni nudi



Si arrampicano su enormi scale, sorreggono soffitti e dormono sui rami. Si ergono, si lasciano cadere, si arrotolano o si fanno guardare. Sono gli uomini grassi scolpiti da Mu Boyan, artista cinese che riscuote sempre più interesse in occidente. A noi piace parlarne qui per due motivi: ci piace il bello, e ci piace che a rappresentarlo siano uomini ciccioni.



Il rapporto dimensionale è il grosso del lavoro artistico di Mu Boyan (fonte foto: Juxtapoz), una relazione che investe chi guarda e chi viene guardato ma che vive anche del loro/nostro rapporto con l'ambiente artificiale e naturale, con gli oggetti della comunicazione, creando con il ciccione enorme e il piccolo obeso una nuova lente per osservare il nostro mondo.



Il perimetro prospettico di questa singolare angolazione è quello di un uomo che, enorme, sorregge un soffitto, come ad impedire che cada sui piccoli umani che vi si affollano intorno, o di un ciccione, improvvisamente così leggero da potersi pascere del proprio sonno abbandonandosi tra le fronde.



Dalle mani di Mu Boyan escono uomini nudi che molti considerano sexy, forse proprio perché così grandi o piccoli da essere di fatto adimensionali, portatori esclusivi di una grazia che è anche fecondità e potenzialità. Nudità che riscattano le discriminazioni imposte alla bellezza obesa nel nostro quotidiano. Persino quando cadono, o crollano, gli uomini scolpiti invocano la partecipazione di chi li guarda, espressione di una carnalità della comunicazione fatta di una prossimità uomo/sé resa possibile proprio dal nudo.



I link su questo breve post portano tutti ad ulteriori gallerie delle opere di Mu Boyan. Buona visione!

martedì 5 novembre 2013

La scienza denuncia la discriminazione anticicci

Aggrediti, allontanati, insultati, licenziati. E' quello che accade a moltissimi uomini e donne obesi, nel mirino dei normoforma perché "incapaci di controllarsi" e dunque "inabili". Ora la ricerca dimostra ancora una volta come questi pregiudizi discriminatori siano fondati sull'ignoranza. La novità si chiama iperfagia paradossale.

Si tratta di una scoperta che segue le molte già affrontate su queste pagine e che dimostrano quante e ancora sconosciute siano le cause dell'obesità.

L'iperfagia paradossale, spiega ScienceDaily riprendendo le ricerche condotte all'Università di Rouen in Francia in collaborazione con l'Università di Kagoshima in Giappone, è un meccanismo cerebrale che si innesca in alcuni e che moltiplica esponenzialmente il senso dell'appetito. In queste persone, il cosiddetto ormone dell'appetito, la grelina, anziché essere elevato, come si potrebbe credere, tende ad essere più basso del normale. Una certa voracità si deve infatti ad un paradosso funzionale, ad un diverso meccanismo chimico nel trasporto dell'ormone.

"Nella normalità delle persone - spiegano i ricercatori - il controllo del peso e del cibo viene coordinato da un'area specializzata del cervello. Equilibra l'assunzione di cibo a seconda di bisogni ed esigenze. In questo modo, dopo un periodo di eccessi e aumento di peso, un soggetto sano tende spontaneamente a ridurre l'assunzione di cibo fino a tornare alle condizioni di peso precedenti. In molti obesi, invece, il sistema zoppica: nonostante i loro sforzi, continuano a consumare troppo cibo, con la conseguenza di mantenere il peso in eccesso o persino aumentarlo".

La scoperta dei ricercatori è proprio il meccanismo molecolare alla base di questo comportamento. "Le immunoglobuline (destinate a riconoscere tra l'altro la grelina, ndr.) - spiegano gli scienziati - nei pazienti obesi si comportano diversamente. Esprimono maggiore attività verso la grelina di quanto accada in pazienti di peso normale" (...) ed è questa differenza che aumenta "il trasporto di grelina al cervello con una conseguente azione di stimolo dell'appetito".

La speranza dei ricercatori è di individuare nel tempo una modalità che possa riequilibrare l'azione di ormoni e immunoglobuline e portare ad una riduzione dell'iperfagia paradossale. Di interesse segnalare come questa ricerca stia lavorando non solo sugli aspetti emotivi dei disturbi alimentari ma anche su quello della flora intestinale. Come noto, infatti, gli scienziati hanno già evidenziato come la diversa composizione della flora negli individui condizioni in modo estremo il diverso assorbimento di sostanze nutritive e grassi nell'organismo.

Ancora più di interesse, evidentemente, il fatto che nonostante ricercatori di mezzo mondo abbiano dimostrato in questi anni quanto complesse e diversificate siano le cause dell'obesità, nonostante i ricercatori spieghino di non sapere ancora molte cose, buona parte dei media e del sentire comune continui a ridurre l'obesità ad una formuletta: "dimagrisci". Slogan inconsistente e vuoto di significato ma che da solo basta a discriminare ciccione e ciccioni ovunque, in famiglia come sul posto di lavoro.
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sabato 2 novembre 2013

Volersi bene/ Sorelle di taglia

Mi perdoneranno i signori uomini se parlo di un argomento che sta molto a cuore alle donne e mi perdonerete se mi dilungherò un po'.
In vista di un evento al quale avrei partecipato, mi è capitato recentemente di riprovare a dare una sbirciata all'abbigliamento per signora in un grande magazzino. Volevo evitare il reparto "taglie calibrate", dove tutto fuorché il gusto mi sembra calibrato sui miei desideri, anche se la maggiorazione del prezzo mi pare adeguata. Sono rimasta nel reparto "donne normali". Lo chiamerò così per far capire che noi donne in carne siamo una categoria di donne "non normali" o forse persino "abnormali" come direbbe Aigor nel film "Frankenstein jr.".
Ho osservato moltissimi capi, ce n'erano fino alla XL che, paragonate alle S, non avevano che pochi centimetri di differenza. Tutto ciò che ne ho ricavato dopo essermi provata un capo così piccolo e così informe (che recava la dicitura XL) che mi stava come la pelle del salame e che mi rendeva sexy come un cotechino, è stata una desolante conferma del fatto che in Italia i vestiti sono spesso senza forme, non tengono conto delle fattezze femminili né delle fattezze in generale, e le taglie si fermano da decenni ormai, alla 44.

Quasi tutte le industrie dell'abbigliamento sono gestite da cinesi, i cinesi producono vestiti commissionati da ditte con proprietari italiani in Italia, i capi arrivano nei negozi con la targetta "Made in Italy" e le taglie non corrispondono più. Per farla breve, una 48 veste appena come una 42. Non corrispondono nemmeno i numeri delle scarpe. Io porto una 37 ma sono costretta a chiedere una 40 con buona pace della commessa, che mi guarda come se fossi una poveretta, una che non riesce a accettare di avere due piedi così spaventosamente grandi. Perché di discutere sulla manifattura dell'oggetto davvero non se ne parla.

Tutto ciò non è per parlare dei cinesi tanto vituperati ma tanto utili a tenere i prezzi bassi attraverso lo sfruttamento del lavoro minorile, o degli sfruttati che producono per le grandi marche di abbigliamento in Pakistan o Bangladesh (anche loro riducono le taglie): i discorsi anticapitalisti li farò un'altra volta, anche se a dire il vero non sono poi così sicura che il sovrappeso e l'obesità non abbiano nulla a che spartire con il capitalismo. Da molto tempo per vestirmi dopo aver tanto sfruttato gli abiti di mamma e di zia, sono costretta a comperare solo capi provenienti dal nord Europa, nei banchi dell'usato, al mercato, nei negozi vintage, ex sartoria. A parte che sono molto più belli, non mi danno alternativa.

Io non sono ricca e cerco di farmi bastare le cose e quindi vedo che è inutile acquistare un capo che non corrisponde, si finisce per abbandonarlo subito quando non si restringe ulteriormente dopo il primo lavaggio. Da quando avevo 20 anni provo a mettermi pantaloni che mi piacciono ma che non si chiudono, a infilarmi giacche che poi mi stanno strette e non si chiudono sul seno, non perché io sia straordinariamente obesa, ma perché non mi concedono quei dieci centimetri in più di possibilità per chiuderli. E le alternative che mi offrono sono desolanti quanto i pantaloni della tuta.

Recentemente ho visto che molte ditte italiane (ancora poche, rispetto alla domanda, infatti se avete notato quando ci sono i famosi saldi si trovano solo taglie piccole perché quelle grandi finiscono subito) si stanno adeguando a fabbricare ottimi vestiti "curvy", e casualmente ho scoperto che su Ebay UK (ci tengo a dire che non è pubblicità, ma è disperazione ah ah ah!) ci sono abiti di ogni tipo, di ogni tessuto e di ogni colore, economici o meno, anche molto belli e molto femminili, che si possono acquistare on line con un semplice click pagando la spedizione, che non è così cara, considerando i prezzi di tanti capi acquistati in boutique risicati in centimetri che poi si rivelano insoddisfacenti.
Anzi, per ogni capo non è specificata solo la taglia, ma anche i centimetri (pollici) per spalle, busto, vita, fianchi, lunghezza gambe e persino cavallo. Interessante capire come gli inglesi non abbiano fatto una piega risolvendo in modo pragmatico la questione. Cioè in sostanza dicono: "il vestito deve piacere a te, devi portarlo te, non possiamo importi delle scelte o costringerti a gettare la spugna". Hanno fatto gli stessi vestiti per tutti tranne, credo, taglie assolutamente extra (per assolutamente extra intendo eccezionalmente grandi, per quelle però si può fare una ricerca aggiuntiva e prima o poi qualcosa si trova). E' il vestito che deve andare bene alla persona, non viceversa. Una soluzione geniale che toglie dall'imbarazzo molti acquirenti che ormai non mettono più piede in un negozio, e alzerebbe le vendite anche in Italia.

C'è un aspetto molto antipatico che riguarda proprio il "tanto peggio tanto meglio" (sei discriminata già pesando 70 chili) e che provano tante persone che come me hanno qualche chilo in più; cioè il fatto che non venendo gratificati da cose come l'abbigliamento - sopra la classica 60 di vita non sei più considerato nemmeno un essere umano - finisce che siano spinti a buttarsi sul cibo con maggiore accanimento. Perché a quel punto, varcato il confine della "imperfezione" ci si può anche infilare un paio di pantaloni della tuta possibilmente un po' sformati, già usati, di quelli che ti "perdonano" perché sono accoglienti con tutti, e non preoccuparsi più del problema, perché troppo frustrante da affrontare. Non trovare cose carine da mettersi, specialmente per una ragazza, può accrescere il senso di inadeguatezza, magari si finisce per non uscire più di casa e si innesca un circolo vizioso senza fine.

Io so che dietro il sovrappeso e l'obesità ci sono molte altre problematiche, diverse per ognuno di noi, ma le cose vanno risolte soprattutto per gradi, e questo aspetto della "gratificazione" non è tanto secondario. Dato che, come dicono, bisogna lavorare sull'autostima, ma ponendosi traguardi umani e non obiettivi assoluti.

Insomma, per farla breve, le cose che ho comprato mi piacciono, valorizzano le mie curve, e le amiche mi chiedono dove caspita le abbia trovate, ma soprattutto piacciono a me e credo che il rispetto di sé, dimostrare che si può essere belli e desiderabili, aldilà dei vestiti, sia il primo passo per dimagrire senza mortificarsi troppo, o per restare cicci e ciccie piacendosi e volendosi bene.

Pralina Tuttifrutti delle Brigate Grosse