mercoledì 4 dicembre 2013

Com'è che molti obesi sono in salute?

Se lo chiedono i ricercatori intervenuti ad un recente simposio negli Stati Uniti, costretti ad ammettere che circa il 30 per cento della popolazione obesa sta bene, non soffre di diabete né di disturbi al fegato per eccessi di grasso o di ipertensione. Un busillis per quella parte della comunità scientifica impegnata da decenni nella demonizzazione tout-court dell'obesità, una vera e propria caccia al ciccio che sui media prima e nella società poi si è trasformata in quell'odioso discriminante fascismo normoforma di cui siamo costretti ad occuparci su queste pagine. Un obiettivo, dicono ora i ricercatori per spiegare la situazione, è capire perché su una popolazione statunitense al 60 per cento obesa o sovrappeso, "solo" il 10 per cento soffra di diabete.

In sostanza, spiega il Wall Street Journal, gli scienziati intervenuti all'Obesity Week di Atlanta hanno tentato di rispondere a questa domanda. Pur ammettendo che gli interrogativi sono molti, grande attenzione è stata data alla distribuzione del grasso corporeo, al grasso bruno, agli effetti del movimento e dell'esercizio sulle dinamiche cellulari del grasso.

Secondo Samuel Klein del Center for Human Nutrition dell'Università di Washington, c'è da chiedersi perché alcuni individui siano resistenti alle disfunzioni metaboliche mentre alcuni sembrino predisposti. In questo senso gioca probabilmente un ruolo chiave la disposizione del grasso nell'organismo. In molti obesi che sembrano protetti da alcune frequenti patologie, come il diabete, il grasso anziché depositarsi nei muscoli o negli organi e causare infiammazione, o resistenza all'insulina, o appunto problemi metabolici, si costituisce in assoluta prevalenza come grasso sottocuteaneo in zone del corpo, come le braccia, le gambe o le natiche, dove può essere "archiviato" senza danneggiare il funzionamento dell'organismo. Su questo fronte una ricerca preliminare è stata presentata sull'adenovirus Ad36: secondo Nikhil Dhurandhar, professore del Centro biomedico di Baton Rouge, una conseguenza dell'esserne infettati non è solo quella di aumentare di peso ma anche di diventare più resistenti al diabete, apparentemente perché provoca una ridistribuzione del grasso. "Il grasso - ha detto il ricercatore - viene archiviato nei posti giusti". Risultati interessanti, ma ancora molto rimane da capire prima di trasformare queste evidenze in una possibile prevenzione.

Si lavora anche sul fronte del metabolismo. L'idea è che nella popolazione generale vi sia un alto numero di persone con problemi metabolici potenziali che con un iniziale aumento di peso possano "esplodere", dando vita ad una serie di patologie. Al contrario, chi non ha questi problemi e prende peso tenderà a non avere quel genere di conseguenze anche se obeso. Secondo il professore Philip Schauer della Cleveland Clinic in questo quadro è interessante notare che individui obesi con metabolismi normali non abbiano granché da guadagnare da una perdita di peso.

La ricerca punta a trovare una chiave di lettura di queste differenze per aggredire le patologie che coinvolgono comunque un alto numero di obesi. Di interesse in questo quadro il fatto che l'esercizio fisico, il più potente antidepressivo naturale, sembra esercitare una sorta di "attivazione" del grasso sottocutaneo. Come ha spiegato Steven R. Smith del Sanford Bunham Medical Center Institute di Orlando, mentre il grasso bruno è quello più coinvolto nel consumo da esercizio ed è considerato tendenzialmente sano, ma è solo una piccola porzione del totale, quello sottocutaneo sembra "predisporsi" ad una "reattività" tanto più elevata quanto maggiore è l'attività fisica. Una reattività metabolica che sembra proteggere ulteriormente l'obeso.

Tra le ricerche più importanti quele condotte dall'Obesity Institute del Centro medico nazionale di Washington, ricerche che si concentrano sugli esosomi, vescicole bioattive presenti nei fluidi e generate dal tessuto grasso. Da lì si diffondono mandando segnali distruttivi agli organi, e sono anche per questo coinvolti in molti processi tumorali. Eppure anche questo è un "meccanismo" che sembra risparmiare una bella porzione della popolazione obesa.

La ricerca sull'obesità, dunque, procede, e la strada è molto lunga. Così come si sa ancora troppo poco sul come sia generata e mantenuta questa condizione, si sa ancora poco sugli effetti che provoca. In mezzo, tra la ricerca di oggi e i risultati di domani c'è un mondo pieno di cicci e cicce che sono ostracizzati, derisi e descriminati per quello che sono. E' ora di fare qualcosa per cancellare la vergogna sociale dell'odio anticicci e, in questo senso, la scienza fornisce utili strumenti per controbattere chi per ignoranza o convenienza riduce l'intera faccenda a facili slogan da fitness club.

(fonte immagine)

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