venerdì 29 novembre 2013

Bimbi e obesità, le radici dell'odio



Girarci intorno senza affrontare il problema è lo sport nazionale. Ma la verità con cui gli adulti dovrebbero fare i conti è che se un bambino sviluppa un'avversione per la natura di un altro bambino non è mai un caso. La sua antipatia, il suo odio, lo ha appreso dai media, dalla tv, dalla pubblicità, ma anche e soprattutto da coloro in cui ha fiducia, da chi lo circonda.

Ci sono molti modi per imparare a disprezzare i cicci e le cicce. Basta ascoltare due adulti che parlano di un bambino, o di un adulto, che non è normoforma. Basta ascoltarli mentre attribuiscono a questa diversa dimensionalità un mondo di negatività: guarda quello, è obeso. E' un pigro, uno che mangia sempre, hai visto quei panini?, non fa sport e non socializza con nessuno, insomma è uno sfigato. Il bambino normopeso, spinto per la sua natura a cercare l'accettazione degli altri, capace di comprendere solo in modo essenziale le parole degli adulti, capace però di ascoltarle assai meglio di quanto molti adulti suppongano, integra nella sua identità la medesima diffidenza e avversione per i suoi coetanei obesi e si prepara così a discriminare chi ha davanti in base al peso.

Non mancano gli adulti che cerchino di instillare nel bambino ciccione sensi di colpa nella speranza che si dia da fare per "diventare normale". E che magari lo facciano davanti ad altri bambini. In famiglia, a scuola. Ed ecco che con poche frasi il bimbo ciccione non solo si ritrova stigmatizzato dagli adulti, ma anche circondato da coetanei che apprendono come lui stia crescendo in modo sbagliato, come non si dia da fare abbastanza per controllare il suo peso, come questo rappresenti un forte elemento negativo.

Siamo ormai alla fine del 2013. Il movimento internazionale per la Libertà Dimensionale da anni diffonde le esperienze di cicci e cicce di mezzo mondo. Con questo movimento si allineano decine di ricerche scientifiche, di studi statistici. Tutto indica con assoluta chiarezza che il cosiddetto "fat shaming", ossia creare un senso di colpa nell'obeso per quello che è non solo peggiora il suo problema specifico, in nessun caso infatti lo aiuta a dimagrire se anche questa è la strada che vuole intraprendere, ma rende molto più ostile tutto il mondo che lo circonda.

Ciò che deve preoccupare gli adulti non è l'obesità dei propri figli ma il fatto che generazioni di bambini già da giovanissimi siano intrisi dell'avversione ignorante degli adulti per gli obesi, che abbiano cioè già associato a chi non rientra nella normoforma una serie di difetti, e persino appreso che dare addosso al ciccione è uno sport sostanzialmente condiviso dagli adulti.

Inutile sottolineare le conseguenze sociali dell'odio. Più utile, forse, richiedere agli adulti una assunzione di responsabilità. Prima di tutto a capire che lo stigma sociale danneggia enormemente il bambino ciccione e gli rende assai più difficile integrarsi socialmente, con conseguenze devastanti sulla sua personalità. In secondo luogo, che sull'obesità abbiamo tutti vissuto decenni di menzogne e scarsa informazione, abbiamo creduto tutti che bastasse una dieta, abbiamo davvero pensato che il bisturi potesse risolvere, abbiamo creduto sinceramente che fosse tutta una questione di forza di volontà. Ora noi adulti non abbiamo più scuse, ora sappiamo che l'obesità è una questione complessa. Ci rimane da capire che è uno stato dell'esistenza, che fa parte della personalità fin da bambini, che non è un buon motivo per consentire che l'infanzia e l'adolescenza di milioni di ragazzini diventi un inferno. Né che i più piccoli crescano odiando schiere intere di persone per come appaiono fisicamente.

Ancora una volta: quando impararemo a rispettare i più piccoli?

(fonte immagine)

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